Ma le stelle quante sono? Giulia Carcasi

C’è una generazione fatta di sms, gavettoni, crèpes alla nutella, professori frustrati; c’è la voglia di essere ascoltati e di giudicare la vita, gli adulti, l’ingiustizia. Ci sono Carlo e Alice: stessa classe e, a volte, stesso banco. Lui è meravigliosamente imbranato, senza modelli da incarnare, senza maschere. Lei si sente diversa, non omologata, è uno spirito critico e, al contempo, una sognatrice. Il loro cuore è ancora poco addestrato, bravissimo a sbagliare. E così Alice casca tra le braccia di Giorgio, nascosto e intrigante. Carlo si lascia sedurre da Ludovica, la classica ragazza facile che sa il fatto suo. Diciotto anni. Due ragazzi si affacciano su un mondo adulto che capiscono poco, tanto più se la scuola, la famiglia e gli amici si mettono di mezzo… Ma le stelle quante sono è un romanzo senza peli sulla lingua, schietto, diretto, una freccia che va dritta al bersaglio. Una partita di ping-pong sentimentale. Con una bella ventata di romanticismo. Un libro a due facce. A due sessi. A due voci. Per un amore solo.

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L’amore è un gioco ad incastro. Devi trovare il pezzo giusto, devi inciampare e continuare a cercare, come il mare che abbraccia la sua spiaggia, perché senza di lei non ci sarebbe lui.

Il mondo è strano: si allarga, si ristringe e poi si riallarga e tu non puoi mai essere sicuro di riuscire a starci bene dentro. Ma quando riesci a stare dentro, devi rubare tutta la vita che puoi. E metterne un po’ da parte, che magari, un giorno, quando avrai bisogno di ricordi, ti servirà quella manciata di vita e ti farà piacere ritrovarti un po’ di sabbia nei capelli. E ti metterai li ad accarezzare il tuo cuore e a lasciarlo parlare.

Il mio cuore, ogni tanto, si ammala: è la malattia dei ricordi. […] È una terapia lunga e difficile… Si cura vivendo.

Ricorderò di lui, quello che è stato e quello che non sarà, quello che avrei voluto e non c’era. Stanotte, però, ti faccio una promessa: non mi farò più prendere in giro, non mi farò bella per un appuntamento, non aspetterò una telefonata che non arriva mai, non mi metterò a immaginare i sorrisi, i nasi, i capelli di possibili amanti, non morirò di crepacuore, non mi chiederò se vorrà un bacio o di più, se è poi davvero il caso di perdere la testa. Amerò le canzoni, i libri, il mare, gli alberi, i tramonti… so che saranno sempre lì, per me. L’amore degli uomini è diverso, Milla, si sposta veloce, passa da un letto a un altro. […] Perché finisce? Ma soprattutto perché inizia? Cene di sorrisi, gambe accavallate, mani che si sentono sole… perché inizia? Con le persone più assurde, con quelle che se le conosci le eviti, con quelle che non funzionerà mai pure se per un istante ti sembra che sta andando alla grande… perché inizia? Non riesco a trovare una risposta valida, neanche una. E sento che ho sbagliato tutto, dal primo momento. […] Forse sarebbe stato uguale, forse no. Forse è andata meglio così.

A volte, ti serve un passo falso per capire come si cammina e dopo prendi il via… Ti serve un inciampo, poi metti un piede dietro l’altro e non cadi, no, stavolta no, hai trovato equilibrio. Ed è una gran conquista.

Vivere è come scalare le montagne: non devi guardarti alle spalle, altrimenti rischi le vertigini. Devi andare avanti, avanti, avanti… Senza rimpiangere quello che ti sei lasciato dietro, perché, se è rimasto indietro, significa che non voleva accompagnarti nel tuo viaggio. Però ti è servito anche quel pezzo di roccia che non riesci più a vedere, ti ha fatto capire, ti ha dato slancio…

Ci vuole pazienza. Prima o poi passa il vento e si va. Si va nel verso giusto, che poi, forse, è proprio quello sbagliato, chissà… Sì, prima o poi passa il vento, arriva un soffio e ti regala un po’ di movimento.

Io penso che sono meglio i rimpianti, perché su quelli ci puoi lavorare, perché puoi immaginarti il finale che più ti fa comodo, mentre i brutti ricordi il loro finale ce l’hanno già.

Perché è istintivo pensare che se corri avanti ti sarà più facile non voltarti indietro. Perché pensi che più vai lontano e più vedrai piccolo e distante quello che ti sei lasciata alle spalle. Ma le regole della prospettiva non sono valide in amore. Puoi andare lontano mille miglia, mesi, anni, ma basterà girarti un attimo, abbassare per un solo secondo le difese e lasciarti vincere dal ricordo, per ritrovarlo lì, bello come sempre, con i suoi occhi appiccicati ai tuoi, con la sua mano che cerca di trattenerti, con il suo pizzetto e la sua barba di qualche giorno che ti irrita la pelle, con la sua bocca che viaggia sul tuo corpo, viaggia, sì, perché l’amore conosce strani mezzi di trasporto.

Il brutto dei cuori spezzati è questo: che non ci puoi buttare sopra l’acqua ossigenata e soffiare mentre le bollicine camminano sulla ferita, che puoi solo tenerti i cocci. E non ci stanno operazioni e non ci stanno medicine che li possono rimettere insieme, te lo devi tenere così il tuo cuore, rotto.

“Sai, Alice, certi amori, quelli sbagliati, sono come le sigarette: meglio smettere.” “E come fai a riconoscerli?””Te ne accorgi quando respiri l’aria pura e te lo senti dentro che è diversa dal fumo, che sa di buono… e capisci che è l’aria pura che vuoi.”

Se riuscissi a trovare quello che non c’è, bhè allora hai trovato qualcosa di solo tuo. E se qualcun altro vede quello che vedi tu, bhè allora hai trovato qualcuno che ti vive.

Se ami soffri pero’ almeno ami, se non ami soffri lo stesso e non hai niente in cambio.

[ultimo giorno di scuola]E fa un certo effetto vedere quei banchi vuoti, ti fa sentire che hai lasciato il tuo posto a qualcuno che neppure conosci. Qualcuno che leggerà le scritte che tu hai inciso, che si nasconderà in quello stesso angolo del banco dove tu ti nascondevi per sfuggire all’interrogazione, che batterà nervoso il piede a terra con lo stesso ritmo che tu avevi. Qualcuno che ruberà un po’ di vita tua.

È come un bambino che disegna il mondo e vorrebbe cancellare con la gomma tutto quello che mi fa soffrire, ma non esistono gomme tanto grandi.

Sai qual è la verità? Che la gente combatte solo per sé. Eppure le guerre migliori sono quelle che si combattono per gli altri, perché c’è la forza di un ideale, puro, e non di un interesse. Per me non ha combattuto nessuno.

Lei ha l’incanto, lo ha nei vestiti, nei capelli, in ogni cellula del suo corpo. E se le stai vicino e riesci a respirare un po’ del suo incanto, il mondo si rimpicciolisce, diventa piccolo

È brutto quando gli oggetti durano più delle persone.

Perché, per un attimo, il mio cuore si voleva voltare e riabbracciare il passato. Il mio cuore, ogni tanto, si ammala: è la malattia dei ricordi. E solo tu puoi aiutarmi a guarire. È una terapia lunga e difficile… si cura vivendo.

E ogni volta che devo decidere qualcosa, c’è in me una riunione di condominio: cuore, testa, corpo e anima si vedono e si consultano. Di solito è la testa quella a cui do più ascolto: mi sembra abbia idee migliori.